Per raggiungere il Cottar’s 1920s Camp, da Nairobi salirete a bordo di un velivolo che atterrerà su un rettangolo di terra ruggine nel Masai Mara, lì incontrerete Enock, la vostra guida, che vi condurrà nella riserva privata Olderkesi, lungo un primo “game” che corre lungo confine con il Serengeti in Tanzania. Ma il vero viaggio inizierà quando sarete giunti a destinazione, in questo scampolo remoto di bush dove Charles Cottar giunse nel 1909, affascinato dalla lettura di “African Game Trails” del Presidente Roosvelt. Mentre a far sì che io viaggiassi fin qui sono stati i ragazzi di Journeys by Design, agenzia di travel design dedicata all’organizzazione di safari autentici e impegnati sul fronte della conservancy (journeysbydesign.com). Charles si stabilì in questa zona con la sua famiglia e fondò la “Cottar’s Safari Service”, una delle prime compagnie di safari registrate che accolsero i turisti (tra cui anche il Duca e la Duchessa di York). Ancora oggi la mattina ci si sveglia all’alba per il primo game drive, con una tazza di caffè bollente sorseggiata nel silenzio della propria tenda, si fa colazione nel bush, ci si ristora nella vasca da campo allestita sulla propria veranda, si ozia nella spa e la sera si ascoltano le tante leggende legate al camp davanti al fireplace. Si tratta di un’esperienza fatta di gesti antichi e consapevolezza, magia e massimo rispetto per questa terra e i suoi abitanti. A nutrire lo spessore e l’evoluzione di uno dei camp più antichi del continente oggi è Calvin Cottar, che dedica la propria esistenza alla preservazione dell’impresa di famiglia e, allo stesso tempo, si batte per lo sviluppo di un turismo etico nella zona. «Il “modello Cottar’s” contribuisce a dimostrare come il turismo basato sulla natura possa contemporaneamente migliorare la conservazione della biodiversità e promuovere l’uguaglianza finanziaria tra le comunità rurali», mi spiega Calvin, durante la cena servita nella tenda principale, mentre il fuoco arde nel camino e gli ospiti scherzano con il personale, circondati dalle foto di famiglia e i ricordi di tante avventure appesi alle pareti. Sembra di essere in una versione deluxe del “summer camp”: stessa convivialità, stessa allegria, stessa intimità. «Cottar’s non è per tutti», continua Calvin, «non è un posto per chi pretende che il personale sia visto ma non udito. Questo non è mai stato solamente un hotel, ma un’esperienza, in cui le persone che lavorano con noi sono una parte indispensabile».
Parole e foto Meraviglia Paper.


















