L’Hotel Flora potrebbe trovarsi ovunque. In un paesino di mare, con tutta la sua luce, o in un villaggio di campagna, con i suoi contorni bucolici, o ancora in un angolo remoto di montagna, verde e cristallino. Invece si trova al centro della città in cui tutti prima o poi sognano di andare. Si staglia in fondo a un vicolo, misterioso e accogliente come un miraggio. In una laterale di Calle Larga 22 marzo, nel sestiere San Marco. Quaranta stanze allestite con tappezzerie di damasco, lampadari di Murano, mobili di altre epoche. Alcune si affacciano sul giardino interno, ma non la mia, riservata all’ultimo, durante la Mostra del Cinema. Meno scenografica, meno ambita, e comunque perfetta, “profuma di buono” direbbe mia nonna. Gioele e Heiby mi ricevono con gentilezza, come chi non ha nulla da dimostrare. Sono loro gli eredi della famiglia Romanelli, che dal 1964 si dedica all’arte dell’accoglienza veneziana. A colazione, Stefano, un altro membro del team, lavora con poesia, premura e discrezione, ma sospetto sia così anche nella vita, con chiunque abbia la fortuna di incontrarlo.
Venezia mi aspetta, e come sempre mi strega, eppure indugio in questa parentesi d’edera che suscita dipendenza e mi esorta a restare. Flora diventerà il mio rituale preferito, nel cuore del labirinto più bello del mondo.
Parole Lucia Ciccioli. Immagini courtesy Hotel Flora.












